Le vecchie strade di Gibellina nel Cretto di Burri

Ruderi di Gibellina

Nella notte tra il 14 e il 15 gennaio 1968 un fortissimo terremoto colpì la Sicilia occidentale distruggendo paesi interi.
Il più colpito di tutti fu Gibellina, raso al suolo completamente. Moltissime persone morirono quella notte.
Il paese sorgeva tra le montagne, in mezzo a paesaggi incantevoli.
Un rumore di morte riempì la campagna.
Poi il silenzio tornò sul paese distrutto.
Gibellina non esisteva più. Restavano le sue macerie adagiate sul fianco della collina.

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Fu deciso che il ricordo del vecchio paese doveva rimanere e all’artista Alberto Burri fu chiesto di segnare nella memoria del mondo i ruderi di Gibellina.
Nacque così un opera d’arte a scala paesaggista di dimensioni incredibili.
Alberto Burri creò il così detto Cretto di Burri.
Una coltre di cemento spessa un metro e cinquanta, estesa per circa 10 ettari ricoprì interamente la vecchia Gibellina.
Gli isolati furono ricoperti dal cemento e le vie principali lasciate libere a memoria della vita che un tempo ci scorreva: la morte nelle case, negli isolati urbani in contrasto con gli spazi liberi, arterie di questa colata di cemento, nata per non dimenticare.
Avevo visto molte volte questa opera sui libri. Ma non la avevo capita. Sembrava solo uno sforzo colossale di cui si faticava a capire il senso.
Gibellina viene sempre fatta vedere dall’alto, per cercare di rendere con una immagine l’immensità dell’opera.
Ma è il punto di vista sbagliato: è camminando tra i vicoli, ascoltando il silenzio e il rumore del vento, toccando questo immenso sudario, percependo le strade, ascoltando i suoni della vita che non c’è più, che si riesce a percepire l’immensità di questa opera.
Un sudario di cemento a cancellare simbolicamente la vita, così come una scossa di terremoto, la cancellò veramente.
La pietra tombale di una città, il silenzio rotto solo dal soffio del vento, le venature del cemento, la ruvidezza di esso, graffia l’anima. I soffio del vento si trasforma nelle grida dei cittadini di Gibellina.
Ma poi la vita rinasce. Anche nelle situazioni più estreme.  La vita è sempre più forte, sembrano gridare i piccoli cespugli, i ciuffi d’erba che piano piano fanno capolino dalle rughe del cemento